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mercoledì 11 giugno 2014

Se l’Amministrazione finanziaria promuove un’azione esecutiva illegittima, il contribuente ha diritto al risarcimento del danno, art. 2043 c.c. (Cass. n° 25855/2013)



Se l’Amministrazione finanziaria promuove un’azione esecutiva illegittima, il contribuente ha diritto al risarcimento del danno, art. 2043 c.c. (Cass. n° 25855/2013)

La Corte di Cassazione, in materia di applicabilità dell’art. 2043 c.c. alla condotta colposa o dolosa dell’Amministrazione finanziaria, ha stabilito con la pronuncia n° 25855/2013 che tale norma “potrebbe trovare il suo fondamento”, laddove il Fisco “abbia integrato gli estremi dell’illecito aquiliano, sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo”.

I fatti del processo

La controversia giudiziale nasceva dalla chiamata in giudizio del Ministero delle Finanze ad opera di un contribuente, il quale lamentava di aver subito un’espropriazione di due immobili (di sua proprietà), attivata a mezzo dell’esattore, su istanza dello stesso Ministero convenuto.

In particolare, l’azione esecutiva derivava da un accertamento sui redditi dichiarati dal coniuge della parte, risultanti dal Modello 740/83 sottoscritto, oltre che dal dichiarante, anche dall’attore, il quale veniva ritenuto solidalmente responsabile.

Successivamente, il contribuente (parte processuale) denunciava alla Procura della Repubblica la falsità della firma e, contestualmente, chiedeva al Tribunale competente la sospensione urgente dell’espropriazione attraverso le forme dell’art. 700 c.p.c. (tuttavia senza successo), nonché l’accertamento della falsità della firma mediante il procedimento della querela di falso (art. 221 c.p.c.).

In relazione a quest’ultimo processo, il contribuente otteneva la dichiarazione di falsità della sottoscrizione e l’ordine di “cancellazione”, con rimozione di ogni effetto ad essa correlata.

Ad ogni buon conto, nonostante l’accoglimento dell’azione giudiziaria per querela di falso, il processo esecutivo si era concluso con la vendita forzata dei due immobili precedentemente pignorati.

In definitiva, il contribuente chiedeva la condanna del Ministero delle Finanze al pagamento del risarcimento del danno, di cui all’art. 2043 c.c. per la accertata illegittimità della procedura esecutiva, atteso che, con la dichiarazione di falsità della firma riconducibile all’interessato, veniva a mancare il presupposto della responsabilità solidale per i debiti erariali del coniuge.

La decisione

I giudici ermellini, accogliendo la tesi del contribuente, hanno quindi osservato che nei rapporti Erario – contribuente trova operatività la normativa dell’art. 2043 c.c. (“qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”).

A ben vedere, con l’intervenuta caducazione del titolo esecutivo in forza del quale l’azione esecutiva era stata intrapresa dall’organo esattore, nasce l’esigenza di prevedere una equa tutela da assicurare al danneggiato innanzi all’invalidità dell’espropriazione.

Proprio su tale aspetto, la Suprema Corte ha precisato che, al fine di ottenere il risarcimento del danno, non è “sufficiente il solo accertamento dell’infondatezza della pretesa tributaria azionata in via esecutiva” (Cass. n° 16589/2005), ma è doveroso esaminare se nella condotta posta in essere dall’Amministrazione finanziaria sussistano le condizioni previste dalla normativa, ossia l’elemento oggettivo e quello soggettivo, ossia l’atteggiamento psicologico del danneggiante[1].


Di Federico Marrucci

Avvocato Tributarista in Lucca e Pisa (c/o Studio Legale e Tributario Etruria)

per maggiori informazioni www.studioetruria.com

[1] L’elemento soggettivo è rappresentato dall’analisi dell’azione del danneggiante, ovvero sia se è stata di tipo dolosa (aver agito con l’intenzione di cagionare l’evento dannoso) oppure colposa (violazione del dovere di diligenza, cautela, perizia nei confronti del danneggiato);

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